La protagonista Vaiana, mentre si trova su una barca di legno con il principe semidio Maui, urla: “Non sono una principessa!”. Il muta-forma replica: “Indossi un vestito e hai un animaletto: sei una principessa.”
In questa frase si trova uno degli elementi fondamentali che contraddistinguono Oceania*, il nuovo film Disney diretto da Ron Clements e John Musker, già sentiti per La principessa e il ranocchio, La sirenetta). La capacità di prendersi gioco di tutta la tradizione dei lungometraggi animati è la svolta che Disney e Pixar insieme hanno compiuto da tempo e portano avanti in un percorso di maturazione sempre più evoluto.
Vaiana è una bambina che affronta un suo percorso interiore, senza farsi inquadrare dalle volontà dei propri familiari, che la vorrebbero principessa del villaggio (padre e madre) o eroina navigatrice (nonna). Vaiana intraprende un viaggio che la porterà a conoscere le proprie origini (di navigatrice), ma soprattutto le proprie capacità e i propri desideri, anche grazie all’aiuto di un insolito semidio, che ricorda moltissimo Hercules, con dei tatuaggi “parlanti” simili ai fregi dei vasi greci.
Ancora una volta decadono i vecchi stereotipi della principessa che necessita di un avvenimento esterno per poter agire o reagire (il salvataggio da parte di un principe o l’intervento semi-divino di una fata). In questo caso troviamo sì il semidio, Vaiana, da sola, si troverà a dover affrontare se stessa e le sue paure, senza che Maui possa, in fondo, dare una direzione alla vita della bambina.
Tra una battuta e l’altra, tra animali fantastici e mostri, tra molte canzoni Oceania ci porta lungo un viaggio per esaltare i valori che ognuno deve imparare a conoscere e a sviluppare. La rinascita della Natura, a cui viene riconsegnato il cuore, è la metafora di una scelta interiore che ognuno deve fare, a partire dalla conoscenza di sé e di quale parte vogliamo assumere sul palcoscenico della nostra esistenza.